domenica 1 luglio 2012

Crisi del Lavoro - Programma di Intervento


1. Descrizione della situazione corrente



Nonostante il primo articolo della Costituzione Italiana dichiari che l’Italia è una Repubblica fondata sul lavoro, si sta assistendo ad un progressivo aumento della disoccupazione.

Il fenomeno riguarda in particolar modo i lavoratori giovani, in quanto sono entranti nel mercato del lavoro dopo che l’evoluzione delle leggi in materia ha reso progressivamente meno conveniente per le aziende assumere persone a tempo indeterminato, a favore di forme di lavoro flessibile, atipico e temporaneo.

In altri termini i lavoratori entrati nel mondo del lavoro prima dell’avvento della legge Biagi del 2003, e delle altre leggi che hanno introdotto e favorito forme di lavoro flessibile, erano quasi sempre assunti a tempo indeterminato, mentre a seguito della nuova normativa che introduceva forme spinte di flessibilità, quasi nessuna azienda valuta conveniente assumere personale a tempo indeterminato.
Infatti un lavoratore flessibile non solo può essere chiamato solo quando serve, per poi essere mandato a casa quando non è più necessario, ma grazie a queste leggi costa molto meno di un lavoratore “ordinario”.

Secondo le intenzioni dei legislatori queste nuove normative, oltre a introdurre benefici per le aziende, avrebbero dovuto innalzare il tasso di occupazione, grazie al miglioramento della “flessibilità in ingresso” nel mercato del lavoro.

Ebbene, non solo il tasso di occupazione non è minimamente migliorato (nemmeno durante le fasi di espansione dell’economia), ma la qualità del lavoro, e della vita, di chi è stato assunto in tempi recenti, è molto peggiore rispetto a quella di chi veniva assunto in passato.

Il lavoratore “flessibile” è in realtà un lavoratore precario, che non sa se e quando potrà riprendere a lavorare.
Che difficilmente sarà in condizioni di formare una famiglia, avere dei figli, acquistare una casa.
Che non ha nessuna possibilità di progredire professionalmente: ogni volta che verrà “richiamato”, ripartirà da zero.
Nessuna azienda investirà in formazione per un lavoratore flessibile.
I rapporti con i colleghi saranno anch’essi di breve respiro.
Questo lavoratore sarà facilmente ricattabile, in quanto i diritti di cui gode non riguardano minimamente la possibilità di proseguire il lavoro, a totale appannaggio dell’azienda.

Il livello di remunerazione è tipicamente molto più basso dei colleghi aventi medesime mansioni, ma assunti a tempo indeterminato . I contributi previdenziali, ove presenti, sono minimi. Il diritto alle ferie remunerate, ai permessi, e a tutti gli istituti che sono stati ottenuti tramite decenni di lotte sindacali, sono inesistenti.

La meritocrazia, in questo contesto, può essere usata come specchietto delle allodole semplicemente per poter spremere questi lavoratori senza più diritti, o quasi.

Spesso le esigenze dell’azienda non sono di flessibilità autentica, corrispondendo il posto di lavoro coperto da queste nuove forme contrattuali, a una necessità “permanente” nel corso del tempo. Semplicemente le aziende usano i contratti flessibili e le forme di collaborazione più vantaggiosi per loro, ogni qual volta che la legge glielo consente.
Di fatto, la nuova normativa ha sbilanciato il mercato dl lavoro rendendo molto più forti le aziende, e molto più deboli i lavoratori, specie quelli “nuovi”, assunti sulla base dei nuovi contratti (mentre quelli “vecchi” dispongono di maggiori tutele).

Questo precariato diffuso tuttavia non ha rappresentato un vantaggio nemmeno per le aziende.

A ben vedere, un lavoratore precario sarà spesso un lavoratore debole, insoddisfatto, rancoroso. Non desideroso di apportare “valore aggiunto” con la propria opera, ben sapendo di essere sfruttato. Se così non fosse, grazie al minor costo del lavoro e alle nuove forme di flessibilità, avremmo dovuto assistere ad un’impennata della produttività del lavoro.
Invece la produttività italiana è precipitata, come documenta inesorabilmente l’Istat:
http://www3.istat.it/dati/catalogo/20110523_00/grafici/1_3.html


Anche nel pubblico sono state adottate nuove forme di precariato. Gli enti pubblici hanno smesso di assumere. I servizi vengono affidati sempre più a “cooperative” o società esterne i cui soci sono per lo più lavoratori sotto pagati e sotto tutelati. I dirigenti che affidano questi servizi all’esterno spesso si auto-premiano per i risparmi nominali ottenuti tramite la mancata assunzione di personale (mentre in realtà il costo totale dell’esternalizzazione è spesso superiore al risparmio nominale), e vengono inoltre “ringraziati” fuori busta dalle cooperative cui affidano i servizi.


2. Descrizione dell’intervento


Gli esiti nefasti precedentemente descritti dipendono direttamente dalla normativa introdotta, più ancora che dalla crisi economica.

Occorre garantire dignità e diritti ai lavoratori flessibili, esattamente al pari di tutti gli altri cittadini, senza privare tuttavia le aziende che abbiano bisogno veramente di lavoro flessibile, di poter soddisfare tale esigenza.

I principi su cui basare la revisione delle leggi sulle forme di lavoro flessibile, atipico e a tempo determinato sono:

  1. Per l’azienda, un’ora di lavoro erogata da un lavoratore con contratto flessibile o contratto atipico o contratto a tempo determinato, deve costare molto di più di un’ora di lavoro erogata da un lavoratore con contratto a tempo indeterminato svolgente mansioni equivalenti. In questo modo, si limita il lavoro flessibile/temporaneo ai casi in cui effettivamente serve.

  1. Il lavoratore assunto con un contratto atipico, a tempo determinato o flessibile, percepirà una remunerazione oraria netta e dei contributi previdenziali esattamente doppi rispetto a  un lavoratore con contratto a tempo indeterminato svolgente  mansioni equivalenti. In questo modo, si mitiga il disagio sopportato da questo lavoratore rispetto a quelli assunti a tempo indeterminato.

  1. Affinché il costo del lavoro flessibile non sia eccessivamente elevato per le aziende che ne abbiano necessità (fatto salvo il principio che debba essere molto più alto di quello ordinario), le tasse saranno pari al 40% di quelle applicate per i lavoratori assunti a tempo indeterminato. In questo modo, lo Stato rinuncia di fatto una parte delle tasse teoriche dovute dall’azienda a fronte di un certo reddito lordo del lavoratore, a favore del sostegno al reddito netto garantito al lavoratore precario, evitando così, tramite il sostanziale abbattimento delle tasse associate, di rendere troppo costoso per l’azienda il ricorso a forme di lavoro flessibile.


Per quanto riguarda gli enti pubblici, verrà istituito un servizio di ispezione, esterno e indipendente dagli enti pubblici, finalizzato alla verifica e alla normalizzazione dei casi in cui il ricorso alle cooperative e aziende in outsourcing sia fatto in ragione di una sistematica carenza di personale, imponendo alle strutture pubbliche un numero di assunzioni in ragione del deficit sistematico di personale accertato.

Le ispezioni di questo tipo verranno ripetute ogni anno.
Gli ispettori che ispezionano un ente pubblico saranno diversi ogni anno.
I dirigenti di strutture pubbliche con gravi carenze di organico non potranno beneficiare di alcun premio di risultato per l’anno in corso.

Agli enti pubblici sarà possibile accedere a contratti di lavoro flessibile, atipico e a tempo determinato, con le stesse modalità delle aziende private.